La società matriarcale: definizione e teoria
di Heide Goettner-Abendroth
Introduzione
Affinità tra i moderni studi del matriarcato e il paradigma del dono
Ci sono analogie importanti tra gli studi moderni sul matriarcato e il paradigma del dono.
Il soggetto degli studi matriarcali è l’analisi e la presentazione delle società non patriarcali del passato e del presente. Ancora oggi in Asia, in Africa, in America e in Oceania ci sono enclavi di società che seguono modelli matriarcali. Nessuna è un puro capovolgimento del patriarcato dove, come spesso si crede comunemente, governano le donne: al contrario si tratta, senza eccezioni, di società egualitarie. Ciò significa che non conoscono gerarchie, classi e il dominio di un genere su un altro. Sono società senza dominio, ma hanno lo stesso delle regole. E questo è l’aspetto che le rende così interessanti per qualsiasi ricerca di una nuova filosofia volta a creare una società giusta.
L’uguaglianza non significa mero livellamento delle differenze. Le differenze naturali tra i generi e le generazioni vengono rispettate e riconosciute, ma non sono mai utilizzate per creare gerarchie, come avviene di solito nel patriarcato. I diversi generi e generazioni hanno la propria dignità e sono indirizzati gli uni verso gli altri per mezzo di aree di attività complementari.
Questo si può vedere in tutti i livelli della società: nell’ambito economico, sociale e politico, nella visione che hanno del mondo e nelle credenze. Più precisamente, i matriarcati sono società a uguaglianza complementare, dove si dedica molta cura per mantenerle bilanciate: essa viene applicata all’equilibrio tra i generi, le generazioni e tra uomo e natura.
Le regole caratteristiche delle società matriarcali sono state meticolosamente ricercate nell’ambito delle società di questo tipo ancora esistenti. I soli fatti storici non possono rivelare come sentono e pensano i popoli matriarcali, dove indirizzano le loro politiche e come vivono la loro fede. Essere in grado di poter condurre delle ricerche antropologiche è un vantaggio. Nella mia opera principale “Il Matriarcato” descrivo le società matriarcali nel mondo e riesco a ricavare esempi delle loro regole e del loro funzionamento a tutti i livelli della società. Per le mie teorie, mi baso su vent’anni di ricerca.
Al fine di evidenziare le analogie tra la ricerca matriarcale e il paradigma del dono, farò un breve excursus su alcune regole e regolamenti dell’economia matriarcale. Si tratta di un’economia di sussistenza. Di solito si basa su un’agricoltura che utilizza la forza degli animali (i Mosuo dello Yénnan, in Cina o i Minangkabau di Sumatra, Indonesia) sebbene in alcuni casi ci siano società che si avvalgono della zootecnica (come i Tuareg del Nord Africa). Non esistono né proprietà privata né diritti sul territorio. La gente ha semplicemente il diritto di usare il suolo che ara o i terreni dove pascolano gli animali, perché “Madre Terra” non può essere posseduta o tagliata a pezzi. Lei dà i frutti dei campi e i cuccioli degli animali a tutti, quindi il raccolto e le greggi non possono essere proprietà privata. Alcune parti della terra e un certo numero di animali appartengono al clan matriarcale (clan organizzati matrilinearmente e matrilocalmente) e prevedono il lavoro collettivo. Parti di greggi possono essere unite ad altre parti e la terra cambia spesso di mano all’interno della comunità contadina per la scelta dei lotti.
Le donne, e nello specifico le donne più anziane del clan, le matriarche, hanno nelle loro mani i beni più importanti poiché sono responsabili del sostentamento e della protezione di tutti i membri del clan. Le donne, oltre a lavorare loro stesse la terra, organizzano il lavoro nei campi. I raccolti vengono consegnati a loro, così come il latte delle greggi. Anche le grandi case dei clan appartengono a loro o le tende nel caso di tribù nomadi.
Le donne matriarcali sono manager e amministratrici che organizzano l’economia senza seguire il principio del profitto, secondo cui un individuo o un gruppo ristretto guadagna: al contrario, ciò che guida la loro azione è la logica materna. Il principio del profitto è un principio egocentrico, dove gli individui e le minoranze sono avvantaggiate rispetto alla maggioranza della gente. La linea di condotta materna è l’esatto contrario, regna l’altruismo e il benessere di tutti è centrale. E’ al contempo un principio spirituale in cui gli uomini apprendono dalla natura. Madre Natura si prende cura di tutti gli esseri per quanto possano essere diversi tra loro e lo stesso succede nel principio della logica materna: una buona madre si cura di tutti i suoi bambini al di là delle loro diversità. Presso i Mosuo ad esempio, la donna che è eletta alla guida del clan materno fra le sue sorelle, è quella che mostra una più chiara predispozione alla cura degli altri membri del clan.
Il materno come principio etico pervade tutte le aree della società matriarcale, e ad esso danno credito anche gli uomini. Se un uomo di una società matriarcale vuole acquisire considerazione fra i suoi simili o rappresentare il clan verso l’esterno, il criterio è: “Deve essere come una buona madre” (Minangkabau). Sul piano economico questo principio agisce come prevenzione all’economia dello scambio come nella definizione che ne dà Genevieve Vaughan:
Nello scambio si dona per ricevere. In questo caso sono necessari il calcolo e la misura ed è necessario stabilire un’equivalenza tra i prodotti. (Vaughan sta parlando della definizione del denaro. HGA) Nello scambio, la tendenza logica è orientata verso l’Io invece che verso l’altro. Chi dona utilizza il soddisfacimento del bisogno dell’altro come mezzo per soddisfare il proprio. […] Nel capitalismo, il paradigma dello scambio regna incontrastato ed è alla base della realtà patriarcale. (1997:31)
Facendo un paragone, l’economia matriarcale è esattamente quello che Vaughan definisce l’economia del dono:
Si tratta di un modo di costruire e interpretare la realtà che deriva dalla pratica materna e perciò è basato sulle donne. […] Il paradigma del dono sottolinea l’importanza del dare per soddisfare i bisogni ed è orientato verso il bisogno anzichè verso il profitto. (Ibid. 30)
Non si tratta comunque di un’idea romantica del materno, così come è stata rappresentata tanto spesso nel patriarcato, portando il concetto del materno a una svalutazione e facendolo sembrare soltanto sentimentale. Si tratta di un caso di oscuramento sistematico del fatto che il materno è un lavoro di cura e nutrimento che sta ancora alla base di ogni società, compresi tutti i patriarcati. Dal nostro punto di vista non importa se la cura e il nutrimento sono esercitati dalle madri, che comunque lo fanno spessissimo, o da altri. Senza questo lavoro di cura quotidiana, non ci sarebbe assistenza per i malati, per ogni qualsivoglia situazione di crisi o per gli anziani. Nello specifico, non ci sarebbero più i bambini, il che significa che in breve tempo tutte le società smetterebbero di esistere. Il lavoro materno è il lavoro più importante di tutti, è lavoro per la vita stessa, lavoro per il futuro. Vista la sua grande importanza, questo lavoro è stato intenzionalmente reso invisibile dal patriarcato.
I matriarcati costruiscono consapevolmente la loro esistenza su questo lavoro, ed è per questo che sono molto più realistici dei patriarcati, senza menzionare il fatto che hanno anche molta più vitalità. Sono per principio orientati verso il bisogno. I loro regolamenti hanno lo scopo di venire incontro ai bisogni di tutti con il massimo del beneficio.
Ciò può essere dimostrato nei diversi ambiti delle società matriarcali, ma si andrebbe al di là dello scopo di una pura introduzione, così mi limiterò ai soli aspetti dell’economia matriarcale. Nelle economie matriarcali il dono non è un mero atto arbitrario, una coincidenza confinata alla sfera privata. Oltretutto, nessuno forza le madri e la gente che cura a farlo, negando il riconoscimento del loro lavoro. Il dono forzato è il modello dello sfruttamento patriarcale, soprattutto per quanto riguarda il lavoro delle donne. Il principio dell’economia patriarcale contrasta con questo tipo di “dono”. Nell’economia matriarcale le merci circolano come doni. Di solito la moneta è sconosciuta, perché non ha uno scopo. Le feste popolari stagionali che segnano l’anno agricolo sono il motore principale delle economie matriarcali. Vi si aggiungono le ricorrenze che segnano il ciclo vitale dei componenti del clan, che sono anche celebrate dall’intero villaggio o città. In tutte queste occasioni le merci “circolano” non nel senso di scambio che genera profitto, ma come dono. Per esempio è di regola che il clan che ha avuto un raccolto eccezionalmente abbondante “regalerà” questa ricchezza alla prima occasione. Alla festa successiva questo clan fortunato sarà ampiamente coinvolto invitando tutto il villaggio, la città o il distretto, intratterrà tutti e farà dei doni. Il clan terrà la festa e non riceverà niente in cambio. All’interno di una società patriarcale sarebbe un comportamento suicida e manderebbe in rovina il clan che dà. Ma nelle società matriarcali ci si muove secondo la massima “Chi ha deve dare”. E alla festa successiva sarà un altro clan, che si è mostrato migliore del resto della comunità, a portare avanti questo ruolo. Adesso gli invitati sono altri e i doni sono devoluti con generosità.
Così tutto gira in circolo nella comunità, ed è sempre il clan più agiato che ha la responsabilità dell’organizzazione della festa. D’altra parte le feste dei singoli clan, che coinvolgono tutti i clan, secondo i cicli della vita, quali nascite, iniziazioni e funerali, sono tenute dai singoli clan per celebrare uno di questo eventi. E anche qui vige la regola che i clan più ricchi aiutano quelli meno ricchi, in modo da dare anche a loro la possibilità di invitare la gente della comunità ad una festa di valore.
Sembra che in questo sistema economico non sia possibile l’accumulazione di beni come guadagno del singolo. L’economia matriarcale non si basa, come quella patriarcale sull’accumulazione.
Anzi, è piuttosto vero il contrario: le azioni economiche sono indirizzate verso un livellamento degli standard di vita, il che permette di raggiungere un’economia di uguaglianza (bilanciamento).
Questa economia di bilanciamento non è uno scambio nascosto (invisibile), dove si danno beni per ricevere un valore equivalente. Sarebbe un calcolo, non un dono. I clan meno fortunati non potrebbero rendere nemmeno se lo volessero; in questo modo sarebbe neutralizzata l’azione di bilanciamento e non si riuscirebbe a raggiungere l’equilibrio che si vuole. Ecco perché il dono del clan, ricchezza solo temporanea, è sempre un dono. L’economia di bilanciamento non è “primitiva” perché non conosce lo strumento simbolico del denaro. Anzi, fondamentalmente non se ne interessa; non ha bisogno del denaro, perché il denaro distruggerebbe l’economia di bilanciamento.
Un clan generoso, che si è ingrandito nella maniera descritta, non acquisisce il diritto di domanda di beni dagli altri clan, ma guadagna in onore. “Onore” nel matriarcato significa che l’altruismo e l’azione a favore della società fanno guadagnare una grande ammirazione degli altri clan, e questo atto mette alla prova e rafforza le relazioni fra i clan. L’onore equivale a un controvalore di livello più alto, grazie alla sua valenza di amicizia e contatto umano non quantificabile e senza prezzo. Un simile clan sarà sempre sostenuto e aiutato dagli altri clan, nel caso avesse mai bisogno di qualcosa o attraversasse tempi difficili. Questo diviene a sua volta una questione di onore. Nelle società matriarcali, da questo punto di vista, l’economia di bilanciamento è anche un sistema di mutuo soccorso senza bisogno di istituire una tassa. L’economia di bilanciamento è sinonimo di economia del dono e sprigiona i sentimenti umani più nobili come il dare senza riserve, la vera devozione, la benevolenza e l’amicizia. Il suo scopo è la cura e la profondità delle relazioni umane e sociali, tramite il soddisfacimento dei bisogni senza altre motivazioni. Questo fa crescere l’amore. E’ il principio del dare materno senza riserve, sia in senso fisico che spirituale.
Nel suo libro “Per-donare”, Genevieve Vaughan lo descrive in questo modo:
Soddisfare i bisogni crea dei legami tra chi dona e chi riceve. Riconoscere il bisogno altrui e fare in modo di soddisfarlo, rende il donatore consapevole dell’esistenza dell’altro, mentre ricevere da qualcun’altro qualcosa che soddisfa un bisogno, comporta che chi riceve riconosca l’esistenza dell’altro.(1997: 30)
I moderni studi matriarcali hanno aggiunto un punto importante. L’economia del dono così come la descrive Genevieve Vaughan, che la chiama “paradigma del dono”, non è solo un punto di vista, ma un valore fra i più alti e una pratica reale di intere società, del passato e del presente. Per questa ragione ho scelto di fare una breve presentazione di tutte le aree intorno le quali ruota questa nuova ricerca, che indaga il fine e le caratteristiche basilari delle società matriarcali.
La società matriarcale: definizione e teoria.
Sviluppare una nuova scienza.
Mi sono laureata in filosofia all’Università di Monaco con una tesi sulla “Logica dell’interpretazione”e in quella stessa università ho insegnato filosofia e teoria della scienza dal 1973 al 1983. Poi ho abbandonato il sistema universitario perché ho trovato un compito ben più importante e di più ampia rilevanza sociale. Già dal 1976 avevo svolto un lavoro pionieristico, insieme alle mie colleghe donne, fondando i Women’s Studies della Germania Occidentale e in questo contesto avevo presentato per la prima volta lo schema riassuntivo della mia “teoria sulle società matriarcali”. Ho iniziato a sviluppare questa teoria quando ero una studentessa di venticinque anni, servendomi delle biblioteche di tutte le discipline per la mia ricerca interdisciplinare e viaggiando in lungo e in largo per visitare i siti archeologici. C’erano i miei studi informali, che si aggiungevano a quelli ufficiali nell’ambito della filosofia analitica, della teoria della scienza e della logica formale. Era il 1976 quando per la prima volta li presentai in pubblico e il mio primo libro a riguardo fu pubblicato nel 1980. (Vedi “The Goddess and her Heros” in tedesco e nel 1995 la versione inglese). Dal 1983 in poi mi sono dedicata completamente a questo compito, che non era contemplato in nessuna università della Germania. Ma un altro genere di pubblico era molto interessato: il mio libro segnò l’inizio del dibattito sulle società incentrate sulle donne e i matriarcati all’interno del nuovo movimento femminista della Germania Occidentale.
Sapevo che il dibattito aveva una lunga tradizione nell’Europa di lingua tedesca (Svizzera, Austria, Germania), che partiva dalla famosa opera di J. J. Bachofen, “Myth, Religion and Mother Right” che uscìi nel 1861. Per più di un secolo, la discussione sul “diritto materno” e sul “matriarcato” continuò: il tema era stato usato e abusato da tutte le scuole di pensiero e da tutti i partiti politici, ognuno con il suo diverso e distinto punto di vista. Ciò che più mi preoccupava di questo modo di recepire le idee di Bachofen era la totale mancanza di una chiara definizione dell’argomento in essere, e inoltre l’enorme investimento emotivo e ideologico del dibattito. La combinazione tra definizioni poco chiare e un’eccessiva emotività si trova anche nell’opera di Bachofen.
L’opera di Bachofen si colloca nel campo della storia delle culture, e si presenta in perfetto parallelismo con lo studio di H. L. Morgan (ambito antropologico/etnologico) che analizzò la società matriarcale degli Irochesi dei suoi tempi (1851, 1871/77). Ma le opere di questi studiosi sono state valutate in maniera molto diversa: le differenze gettano luce su come il tema del “matriarcato” stia al centro della nostra società patriarcale. Gli umanisti e i sociologi, che avrebbero dovuto essere fortemente interessati agli assunti di Bachofen, ne hanno ignorato o ridicolizzato la maggior parte. Morgan fu apprezzato e chiamato “padre dell’etnologia” perché fondò la nuova scienza antropo-etnologica, mentre Bachofen, che pure fondò una nuova scienza, la “scienza delle società non patriarcali” o “matriarcheologia” non fu onorato nello stesso modo. Il motivo è semplice: se il suo lavoro non è stato preso seriamente in considerazione è perché avrebbe causato l’inizio della caduta dell’ideologia e della visione del mondo patriarcali. Esso segna l’inizio dello sviluppo di un nuovo paradigma della storia umana. Ecco perché è troppo pericoloso per essere preso seriamente in considerazione! Dopo queste riflessioni e costruendo sulla base dei miei strumenti filosofici, ho deciso di fornire una base moderna e scientifica agli studi matriarcali ricercando, per esempio, tutte le forme di società non patriarcali presenti e passate. Ritengo questo campo di ricerca troppo importante in questo contesto per essere trascurato; in più sono io stessa coinvolta in quanto ricercatrice. “Dotarlo di una base scientifica moderna” significa formulare una definizione che integri tutto il vasto materiale che comprende e sviluppare a suo sostegno una struttura ideologica. Alla luce di una struttura ideologica, i molti studi eccellenti che sono già stati fatti in questo campo, saranno esposti con più chiarezza nelle loro mutue interconnessioni, e la ricerca futura potrà esserne guidata e ispirata. Sviluppare una teoria così universale non significa affatto chiuderla a chiave in un sistema chiuso (un’attitudine filosofica tradizionale che è diventata obsoleta), ma significa piuttosto darle una struttura aperta che possa chiarire e aiutare ogni specifica parte della ricerca, incluso la mia.
Quando iniziai a lavorare, passai dieci anni a sviluppare una metodologia di ricerca sul matriarcato che fosse principalmente interdisciplinare e poggiasse sulla critica dell’ideologia. Una parte del compito è stato mettere in relazione le une con le altre, le diverse discipline impiegate in questa ricerca e farlo sistematicamente (non arbitrariamente come spesso si fa). Un’altra parte del compito è stata quella di sviluppare un metodo specifico di critica ideologica nella ricerca dei diversi aspetti dell’ideologia patriarcale, senza riprodurne inconsciamente dei nuovi. Passo dopo passo, ho sviluppato la struttura dell’“ideologia del matriarcato”. Vorrei ora presentarla a brevi linee. Vorrei inoltre abbozzare una definizione strutturale di “società matriarcale”, che è centrale nella “teoria del matriarcato”. Entrambi i saggi sono il frutto di trent’anni di ricerca nel campo delle società matriarcali, sviluppati attraverso un lungo processo di verifiche ed errori. Non sono in nessun modo degli assiomi deduttivi presupposti, sebbene siano presentati qui in modo astratto e conciso.
Parte prima
Vorrei iniziare con alcune note concernenti il mio uso del termine “matriarcato”. Nonostante le difficili connotazioni di questa parola, definisco “matriarcali” tutte le società non patriarcali per diverse ragioni:
1.Il termine “matriarcato” è largamente conosciuto in base alle discussioni che ci si sono state da Bachofen (1861) in poi, ed è quindi un termine popolare.
2.Le ridefinizioni filosofiche e scientifiche si riferiscono per lo più a parole molto conosciute e ne ridefiniscono il senso. In seguito gli studiosi possono utilizzarle senza perdere il contatto con il linguaggio comune. In questo processo, il termine spesso rimanda a uno nuovo significato, più chiaro e più esteso anche nel linguaggio popolare, influenzato dall’attività di ridefinizione degli studiosi. Nel caso del termine “matriarcato”, questa ridefinizione sarebbe di grande vantaggio, soprattutto per le donne per le quali rivendicare questo termine significa rivendicare il sapere riguardo culture che sono state create da donne.
3.Credo che non sarebbe sempre di aiuto creare nuovi termini scientifici come “matrifocale”, “matricentrico”, “matristico”, “gilanico”, eccetera. Alcune di queste definizioni, come “matrifocale” e “gilanico” sono molto artificiali e non hanno connessioni con il linguaggio popolare. Altre, come “matricentrico” e “matristico” sono troppo deboli in quanto suggeriscono che le società non patriarcali non hanno niente di diverso se non l’essere centrate intorno alle madri. Il risultato può dare in qualche modo una visione riduttiva di queste società, sia per i ricercatori che per i critici, una visione che non tiene conto dell’intricata rete di relazioni e del complesso intreccio sociale che caratterizzano queste culture.
4.Non siamo obbligate a seguire la nozione corrente, polarizzata dal maschio del termine “matriarcato” che significa “dominio delle madri”. La sola ragione per cui lo si può intendere in questo modo è perché suona parallelo a “patriarcato”. Il termine greco “arché” ha un doppio significato. Vuol dire sia “inizio” che “dominio”, perciò possiamo con cognizione tradurre “matriarcato” con “iniziare dalle madri”. “Patriarcato” invece si può tradurre correttamente con “dominio dei padri”.
5.Usare il termine “matriarcato” nei suoi significati ridefiniti e chiariti ha anche rilevanza politica. Non impedisce il dibattito, che è urgente e necessario, con i colleghi professionisti e il pubblico interessato come può facilmente succedere con gli altri termini, che hanno la propensione a nascondere e ridimensionare. I ricercatori non devono temere la connotazione provocatoria del termine “matriarcato”, sia perché la ricerca in questo campo è molto importante sia perché solo una provocazione politica continuativa potrà portare a un cambiamento di mentalità.
Lo scopo della ricerca moderna sul matriarcato
Seguendo il tema del mio libro più importante, “Il Matriarcato”, che sta per essere pubblicato in una raccolta di diversi volumi, vorrei presentare brevemente la mia teoria della società matriarcale. Si mette in evidenza lo scopo della ricerca moderna sul matriarcato, ricerca che già esiste sull’argomento, e che è stata e continuerà a essere importante e che è inclusa in questa struttura.
Nel primo stadio di sviluppo di questa teoria faccio una panoramica delle ricerche precedenti sul matriarcato. Quindi seguo il corso che ha preso la ricerca, usando sia esempi di dibattiti scientifici che politici. Diventa ovvia la mancanza di una definizione chiara ed esaustiva di “matriarcato”. Inoltre in questo libro pongo in termini corretti il metodo di critica ideologica. Il metodo è necessario in questa area di ricerca, visto che la maggioranza degli scritti recenti e contemporanei sull’argomento contengono un’enorme quantità di ideologia patriarcale. (Vedi: Das Matriarchat I. Geschichte seiner Erforschung, Kolhhammer 1988-1995).
Nel secondo stadio di sviluppo di questa teoria formulo quindi la completa definizione strutturale di “matriarcato”, definizione di cui abbiamo urgente bisogno. Questa definizione specifica le caratteristiche necessarie e generali di questa forma di società. Non è formulata astrattamente, ma ci si arriva studiando un’immensa quantità di materiale etnologico.
Il passo sistematico della mia ricerca etnologica adesso diviene visibile. Ho dedicato gli ultimi dieci anni a questa ricerca, perché non si può arrivare a una completa definizione di “matriarcato” tramite la sola storia culturale. Qui abbiamo a che fare solo con le rovine e i frammenti di società precedenti. Non è sufficiente per un quadro d’insieme. E’ fuori dubbio che questi frammenti possano essere molto numerosi e che possano essere estremamente importanti; tuttavia ci possono dare solo informazioni sparse. Attraverso la sola ricerca storica non possiamo sapere come pensavano o sentivano le popolazioni matriarcali, o come organizzavano i modelli sociali o gli eventi politici, cioè come era strutturata nell’insieme la loro società. Per accedere a questa conoscenza, e di conseguenza raggiungere un’esaustiva definizione di “matriarcato”, dobbiamo esaminare gli esempi ancora esistenti di questa forma di società. Per fortuna ne esistono in tutti i continenti a parte l’Europa.
Nel secondo stadio della mia teoria, dove elenco tutte le società matriarcali esistenti nel mondo, ho preso in esame queste culture. (Vedi: Das Matriarchat II, 1. Stammesgesellschaften in Ostasien, Indonesien, Ozeanien, Kolhammer 1991/1999, e vedi anche: Das Matriarchat II, 2. Stammesgesellschaften in Amerika, Indien, Afrika, Kolhammer 2000).
Nel terzo stadio di sviluppo della mia teoria uso la definizione completa di “matriarcato” che ho ottenuto, come mezzo scientifico per una revisione della storia culturale dell’umanità. Questa storia è ben più lunga dei quattro o cinquemila anni della storia patriarcale. Nei suoi periodi più lunghi si sono sviluppate società non patriarcali, in cui le donne hanno creato cultura e rappresentato il centro integrante della società. Le società matriarcali ancora esistenti ne sono gli ultimi esempi.
Per fortuna sono ancora disponibili eccellenti ricerche in questo campo che si è sviluppato di recente. Quello che ancora manca, comunque, è la struttura sistematica delle connessioni, cioè il quadro d’insieme della lunga storia del matriarcato. (Progetto: Das Matriarchat III. Historische Stadtkulturen, in via di sviluppo). E’ ovvio che un compito così grande è impossibile senza una completa definizione di “matriarcato”. Dopo che è stata formulata nella parte etnologica della mia teoria, abbiamo ora per la prima volta la possibilità di scrivere in maniera adeguata la storia dell’umanità, e di farlo senza le distorsioni dei pregiudizi patriarcali. Questa nuova interpretazione della storia è oggi urgente e necessaria, perché l’interpretazione che ne dà il patriarcato si rivela sempre più sbagliata e datata.
Nel quarto stadio di sviluppo della mia teoria tratto del problema della nascita del patriarcato. Dobbiamo rispondere a due importanti domande: 1.Come hanno potuto svilupparsi in prima istanza i modelli patriarcali? 2. Come sono riusciti a diffondersi nel mondo? L’ultima è senza dubbio ovvia.
Credo che a nessuna delle due domande sia stato ancora risposto a sufficienza. Anzi, sono state date molte pseudo-spiegazioni. Se vogliamo spiegare lo sviluppo del patriarcato abbiamo bisogno prima di tutto di una chiara conoscenza della forma della società preesistente, e questa è il matriarcato. Al momento questa conoscenza si sta sviluppando. E’ la precondizione assoluta per spiegare lo sviluppo del patriarcato, altrimenti iniziamo con premesse errate.
In secondo luogo, una teoria sullo sviluppo del patriarcato deve spiegare perché i modelli patriarcali sono emersi in posti diversi, su continenti diversi, in tempi diversi e in diverse condizioni. Le risposte saranno differenti per le diverse regioni del mondo. Questo compito non è ancora stato svolto del tutto. (Progetto: Das Matriarchat IV. Entstehung des Patriarchats, in via di sviluppo).
Nel quinto grado di sviluppo di questa teoria, ho esposto l’analisi e la storia del patriarcato. Finora, la storia del patriarcato è stata scritta come storia di dominazione, storia “dall’alto”. Ma esiste anche la prospettiva di una “storia dal basso” che mostra un quadro completamente diverso. E’ la storia delle donne, delle classi più basse, delle culture marginalizzate e delle sub-culture. Dimostra che il patriarcato non è riuscito a distruggere le antiche e lunghe tradizioni matriarcali di tutti i continenti. Alla fine, vive da parassita su queste tradizioni.
Il compito è di dimostrare che queste tradizioni (tradizioni orali, usanze, miti, riti folcloristici, ecc.) hanno radici nelle tradizioni precedenti, nel matriarcato. Ma possiamo riconoscerlo solo con l’aiuto della completa definizione del matriarcato. Se riusciamo a seguire le tracce a ritroso nella storia del patriarcato e connetterle, questo vuol dire niente di meno che riguadagnare la nostra eredità. (Progetto: Das Matriarchat V. Matriarchale Traditionen in patriarchalen Gesellschaften, in via di sviluppo).
Parte seconda
Definizione della società matriarcale
Daremo ora la definizione strutturale di “matriarcato”, il che significa che nessun criterio deve essere escluso perché la definizione sia valida. Presenterò i criteri della società matriarcale su tre livelli: il livello economico, il livello dei modelli sociali e il livello culturale.
A livello economico, i matriarcati sono spesso società agricole. Le tecnologie agricole che svilupparono andavano dalla semplice orticultura all’agricoltura con l’aratro (inizio dell’Età neolitica, circa nel 10.000 a.C.) fino ai grandi sistemi d’irrigazione delle prime culture urbane.
Contemporaneamente le forme sociali del matriarcato continuarono a diventare più differenziate nel corso dei millenni. La nascita del matriarcato è direttamente collegata allo sviluppo di queste nuove tecnologie.
I beni sono distribuiti secondo un sistema che corrisponde alle linee di discendenza e ai modelli di matrimonio. Questo sistema impedisce che i beni siano accumulati da una specifica persona o da un gruppo specifico. In questo modo, i principi di equità sono consapevolmente mantenuti e la società è ugualitaria e non accumulativa. Da un punto di vista politico, i matriarcati sono società di perfetta mutualità. Ogni vantaggio o svantaggio che riguarda l’acquisizione di beni è mediato da regole sociali. Per esempio nelle feste dei villaggi, i clan più abbienti sono obbligati a invitare tutti gli abitanti. Organizzano il banchetto, nel quale distribuiscono ricchezze per guadagnare onore. Perciò, a livello economico definisco i matriarcati società di reciprocità.
A livello sociale, i matriarcati sono basati sull’unione di clan estesi. La gente vive insieme in grandi clan, che sono formati secondo principi di matrilinearità; la discendenza, per esempio, è riconosciuta esclusivamente in linea femminile. Il nome del clan e tutti i titoli delle posizioni sociali e politiche derivano dalla linea materna. Tale matriclan consiste come minimo di tre generazioni di donne: la madre del clan, le sue figlie, le sue nipoti e gli uomini in linea diretta di parentela con loro. Generalmente, il matriclan vive nella grande casa del clan, che alloggia dalle 10 alle 100 persone, a seconda della grandezza e dello stile architettonico. Le donne ci vivono permanentemente, perché le figlie e le nipoti, quando si sposano, non lasciano mai la casa del clan della madre. Viene detta matrilocalità.
La cosa più importante è che le donne dispongono pienamente dei beni del clan, soprattutto per quel che riguarda le fonti di sostentamento: campi e cibo. Quest’aspetto caratteristico, unito alla matrilinearità e alla matrilocalità, garantisce alle donne una tale posizione di forza che le società vengono definite “matriarcali”. (Gli antropologi non fanno distinzione tra società solamente matrilineari e società chiaramente matriarcali. Ciò continua a produrre grande confusione.)
Questi matriclan, con le loro case del clan sul territorio del clan, sono gruppi di autosostentamento. Come si relaziona la gente di questi gruppi di autosostentamento con gli altri clan del villaggio? La relazione è l’effetto dei modelli di matrimonio, soprattutto del sistema di mutuo matrimonio tra due clan. Il mutuo matrimonio tra due clan non è un matrimonio individuale, ma comunitario che lega in matrimonio delle comunità. Ad esempio, i giovani della casa del clan A sposano le giovani della casa del clan B, e i giovani della casa del clan B sposano le giovani della casa del clan A. Questo è detto mutuo matrimonio tra due clan del villaggio matriarcale. Lo stesso avviene tra coppie fisse di altre case del clan, per esempio le case C con D, E con F. Grazie a ulteriori modelli di matrimonio, alla fine in un villaggio o in una città matriarcale tutti sono legati gli uni agli altri per nascita o per matrimonio. Per questo chiamo i matriarcati società di discendenza.
I giovani maschi che hanno lasciato la casa della madre dopo il matrimonio, non devono andare molto lontano. In realtà, alla sera si recano nella casa vicina, dove vivono le mogli e ritornano la mattina molto presto, all’alba. Questa forma di matrimonio, detto visiting marriage, contempla solo la notte. Significa anche che gli uomini dei matriarcati non hanno diritto di vivere nella casa delle mogli. La loro casa è la casa del clan della madre. Lì prendono parte al lavoro nei campi e negli orti e anche alle decisioni del clan. Lì sono i loro diritti e doveri.
In questo sistema di clan, un uomo matriarcale non considera suoi i bambini della moglie, dato che non condividono lo stesso nome del clan. Sono in relazione di parentela solo con la donna del clan di cui portano il nome. Tuttavia, un uomo matriarcale è in stretta relazione di parentela con i bambini di sua sorella: le sue e i suoi nipoti. La paternità biologica non è conosciuta o non ha nessuna importanza. Non è un valore sociale. Gli uomini nel matriarcato si prendono cura dei nipoti, maschi e femmine, in una sorta di paternità sociale.
Perfino il processo che porta alle decisioni politiche è organizzato secondo le linee di discendenza matriarcale. Gli uomini e le donne si radunano in assemblea nella casa del clan, dove vengono discussi gli affari domestici. Non è escluso nessun membro della casa. Dopo molte discussioni la decisione è presa sul consenso. Lo stesso succede per il villaggio: se si devono discutere questioni che riguardano l’intero villaggio, i delegati di ogni casa del clan si radunano nell’assemblea del villaggio. I delegati sono sia le donne più anziane del clan (le matriarche) o i fratelli e i figli che hanno eletto come rappresentanti del clan. Nessuna decisione che concerne il villaggio può essere presa senza il consenso di tutti i clan. Questo significa che i delegati che discutono le questioni non sono poi coloro che prendono le decisioni. Non è in questa assemblea che si fa la politica del villaggio, perché la funzione dei delegati è unicamente quella di portare dei pareri. Se nell’assemblea si vede che non c’è accordo, i delegati tornano a discutere ancora le questioni nelle rispettive case dei clan.
In questo modo, il consenso nel villaggio si raggiunge passo dopo passo.
La gente che vive in una data regione prende le decisioni nello stesso modo: i delegati di ogni villaggio si incontrano per discutere quali decisioni prendere per le loro comunità. Anche qui la funzione dei delegati è quella di ambasciatori. In tali circostanze solitamente sono gli uomini ad essere eletti nei villaggi, poiché le madri dei clan non lasciano la loro casa e i loro paesi. Al contrario di quanto asseriscono erroneamente gli etnologici, questi uomini non sono i “capi” e di fatto non decidono. Tutti i villaggi e tutte le case del clan del villaggio sono coinvolti nel processo di decisione, fino a che non si raggiunge il consenso a livello regionale. E’ per questo che dal punto di vista politico, definisco i matriarcati società egualitarie o società di consenso. I modelli politici non permettono che venga accumulato il potere politico. E’ esattamente in questo senso che sono libere dal dominio: non hanno classi di dominatori e né classi sfruttate, non conoscono per esempio la costrizione dei corpi, necessaria per affermare il dominio.
A livello culturale, queste società non sono caratterizzate da “riti di fertilità”. Questa semplificazione distorce il fatto che queste culture hanno un sistema religioso complesso. La concezione fondamentale che le popolazioni matriarcali hanno del cosmo e della vita, credenza che esprimono in molti riti, miti e tradizioni spirituali, si basa sulla fede nella rinascita. Non è l’idea astratta della trasmigrazione delle anime, come appare in epoche più recenti nell’Induismo e nel Buddismo, ma l’idea della rinascita in senso molto concreto: tutti i membri di un clan rinasceranno, da una donna del loro clan, nella casa del clan, nel loro villaggio di origine. Ogni defunto ritornerà direttamente, come bambino nello stesso clan. Le donne sono molte rispettate nelle società matriarcali perché garantiscono la rinascita; rinnovano e prolungano la vita del clan. Questa concezione sta alla base della visione matriarcale della vita. Le popolazioni matriarcali hanno adottato questo concetto dal mondo naturale in cui vivono: in natura, la crescita, la fioritura, la decadenza e il ritorno della vegetazione hanno luogo ogni anno. Le popolazioni matriarcali sono convinte che ogni pianta che avvizzisce in autunno rinasce l’estate dopo. Perciò la terra è la Grande Madre che garantisce rinascita e nutrimento a tutti gli esseri.
Nel cielo, vedono lo stesso ciclo di andata e ritorno: tutti i corpi celesti nascono, permangono nel cielo e ritornano ogni giorno e ogni notte. Percepiscono il cosmo come la Grande Dea del Cielo e della Creazione, che crea costantemente ogni cosa; è lei che garantisce l’ordine del tempo. Fa nascere tutte le stelle dell’est, le fa muovere nel cielo fino a che muoiono, sempre sotto il suo potere, a occidente. Un buon esempio di questo concetto matriarcale è la dea egizia Nut, la Dea del Cielo. Dà nascita a suo figlio Ra, il sole, ogni mattina e lo divora ogni sera, solo per farlo rinascere al successivo sorgere del sole.
Il popolo matriarcale osserva il ciclo della nascita, della morte e della rinascita nel cosmo e sulla terra. Secondo il principio matriarcale della connessione tra il macro e il microcosmo, vede lo stesso ciclo nella vita umana. L’esistenza umana non è diversa dai cicli della natura, segue le stesse regole. Il loro concetto di mondo umano e naturale manca del dualismo patriarcale che separa “spirito” e “natura” o “società” e “natura”.
Inoltre, manca il concetto dualistico di morale che definisce ciò che è “bene” e lo separa dal “male”. Dalla prospettiva matriarcale, la vita porta la morte e la morte porta una nuova vita, all’interno dello stesso tempo. Se ogni cosa è necessaria ad un dato momento, l’opposizione drastica tra “bene” e “male” non ha senso. Nello stesso modo, il maschile e il femminile sono polarità cosmiche. Al popolo matriarcale non succederà mai di considerare un sesso inferiore o più debole dell’altro, come è di norma nelle società patriarcali.
L’intera visione del mondo dei popoli matriarcali è strutturata in modo non dualistico. Non fanno essenzialmente distinzione tra sacro e profano. L’intero mondo in tutte le “sue” (di lei) sembianze è divino e quindi sacro per la gente. Rispettano e venerano la natura perché sacra: non la sfrutterebbero, né la distruggerebbero mai. Ad esempio ogni casa è sacra e il fulcro della sua sacralità è di essere il luogo in cui si incontrano i vivi e gli antenati. Ogni compito quotidiano e ogni gesto ha un significato simbolico, ogni azione è ritualizzata. Perciò, su un piano culturale, definisco i matriarcati società sacrali o culture della Dea.
Sintesi dei criteri della società matriarcale
– Criterio economico: società basate sull’orticoltura o agricoltura di autosostentamento; la terra e la casa sono di proprietà del clan; non esiste proprietà privata; le donne hanno il potere di gestire le fonti del nutrimento; costanti rettifiche sul piano della ricchezza tramite la circolazione di beni vitali sottoforma di doni nelle feste – società di reciprocità.
– Criterio sociale: clan matriarcali, tenuti insieme dalla matrilinearità e matrilocalità; mutuo matrimonio tra due clan; visiting marriage con conseguente libertà sessuale per entrambi i sessi; paternità sociale – società orizzontale non gerarchica di discendenza.
– criterio politico: principio del consenso nella casa del clan, a livello di villaggio e di regione; delegati come ambasciatori, che non prendono le decisioni; assenza di classi e strutture di dominio – società egualitarie basate sul consenso.
– criterio culturale: fede concreta nella rinascita all’interno dello stesso clan; culto delle antenate e degli antenati; venerazione della Madre Terra e della Dea del Cosmo; sacralità del mondo intero; assenza della visione dualistica del mondo e della morale; tutto nella vita fa parte del sistema simbolico – società sacrali in quanto culture della Dea.
Traduzione italiana dell’Anonima Network
Bibliogarfia
Bachofen, Johann, Jakob (1861) Das Mutterrecht, [Myth, Religion and Mother Right] Stuttgart. “Il matriarcato.” Ed.Einaudi, 1988.
Goettner-Abendroth, Heide (1995 [1980]). The Goddess and her Heros, Anthony Publishing Company, Stow, MA .
Goettner-Abendroth. Heide (1988) Das Matriarchat I. Geschichte seiner Erforschung, Kohlhammer, Stuttgart.
________ (1991) Das Matriarchat II,1. Stammesgesellschaften in Ostasien, Indonesien, Ozeanien, Kohlhammer, Stuttgart.
________ (2000) Das Matriarchat II,2. Stammesgesellschaften in Amerika, Indien, Afrika Kohlhammer, Stuttgart.
Morgan, Henri Lewis (1901 [1851]) League of the Ho-de-no-sau-nee or Iroquois, H.M.Lloyd. “La Lega degli Ho-de’-no-sau-nee, o Irochesi.” Cisu,1998
Note biografiche
Nel 1986, Heide Goettner-Abendroth ha fondato l’INTERNATIONAL ACADEMY HAGIA per gli Studi Moderni sul Matriarcato e la Spiritualità Matriarcale (nella Germania Occidentale) e da allora ne è stata la direttrice. Nel 2003 ha organizzato e diretto il Primo Congresso Mondiale di Studi Matriarcali in Lussemburgo.
INTERNATIONAL ACADEMY HAGIA
Weghof 2, D-94577 Winzer